giovedì 28 aprile 2016

DUNGEON MASTER - LISTA 03 - 15/08

[una specie di chiusura della missione precedente...]

Il gruppo di superstiti dalla precedente missione si trova nella sala comune della taverna di Trinkwein, a Specularum, come tutte le sere, seduti come sempre attorno ad un tavolo in attesa di chissà che cosa: Aryn, Ghino, Haza, Kayne, Kreena e Morgon. Qualcuno manca, e già da parecchi giorni, come ad esempio Edvige: a volte le riesce, chissà come, di acchiappare un poveraccio mezzo ubriaco per portarselo da qualche parte e spremerlo come un limone. Sparisce magari per una settimana e poi ricompare come se nulla fosse… e con l'aria piuttosto soddisfatta. D'altronde, lei è fatta così. Manca anche Grog ed ovviamente nessuno sa esattamente perché: giorni fa si era presentato bardato di tutto punto, aveva lanciato un "Ugh!" di saluto accompagnato da un ampio cenno con la mano ed era partito per chissà dove. Qualcun altro aveva fatto più o meno lo stesso e quindi eccoli lì, i sei rimasti, seduti a quel tavolo alla fine di una giornata di infruttuose ricerche, nella vana speranza che la fortuna torni a girare.



Sono tutti taciturni, pensierosi, in parte anche perché ancora impegnati a metabolizzare le dure vicissitudini da poco superate e dalle cui scorie ancora non sono riusciti ad uscire completamente. I rari discorsi sono cupi, spesso improntati al ricordo dei compagni perduti: Arnolt, Groar, Attila, Zakheron e molti altri, ma soprattutto Dyvim Ris, il leader, la guida, caduto gloriosamente in epico combattimento.

Per il resto il discorso langue, in parte anche perché poco a poco, come un cancro, già da giorni la noia ha cominciato ad impossessarsi del gruppo, insieme alla sfiducia nel riuscire a trovare un nuovo ingaggio…


[e qui inizia la nuova campagna!]


Una sera qualunque nella città di Specularum.

Nella taverna di Trinkwein c'era la solita gente: sfaccendati, lavoratori intenti a farsi una birra prima di rincasare dopo il lavoro ed anche qualche uomo di mare: capitani ed ufficiali, per lo più, visto che la taverna non era nelle immediate vicinanze del porto. Poi, come sempre, parecchi avventurieri professionisti in cerca di notizie e magari di un buon ingaggio.

Ad un tratto la porta della sala comune si aprì e fece il suo ingresso un singolare personaggio.

Di certo non era tipo da restare inosservato, sotto ogni punto di vista: al suo passaggio alcuni dei presenti si scansarono senza troppo farsi notare, altri si diedero di gomito ridacchiando e lanciando battutine, altri, che sapevano di chi si trattasse, lo fissarono speranzosi. Il nuovo venuto non si curò né degli uni, né degli altri e proseguì il suo percorso veleggiando fra i tavoli, con sublime indifferenza e con aria vagamente schifata.

A tutta prima nessuno dei sei avventurieri riuniti attorno ad uno dei tavoli diede particolare segno di averlo notato, ma quando diventò chiaro che il nuovo venuto si stava dirigendo proprio alla loro volta la loro attenzione crebbe e sguardi resisi improvvisamente attenti cominciarono ad esaminarlo con più cura.

Si trattava di un uomo di mezza età, basso e grassottello, dalle curiose movenze affettate, paludato da capo a piedi in velluto rosso: una lunga e morbida tunica bordata di alamari dorati, in testa un bizzarro copricapo a forma di bassa tiara, anch'esso di velluto rosso riccamente ornato con passamanerie dorate, ai piedi morbidi calzari di pelle nera. Dietro di lui avanzava un personaggio non meno curioso: un giovane dal viso estremamente avvenente, vestito di un paio di brache attillate di uno sconcertante color fucsia acceso e di una tunichetta nera ricamata; ai piedi calzava stivaletti di pelle nera alla moda del momento; i suoi capelli erano bruni, lunghi ed acconciati accuratamente in morbidi boccoli; al fianco portava una sottile daga inguainata in un elegante fodero, chiaramente più decorativa che funzionale. Difficile sbagliarsi nell'inquadrare due personaggi così: gente di corte, probabilmente un pezzo grosso con il suo scaldaculo personale.

Il nuovo venuto si fece avanti e chiedendo «Posso?» si sedette senza aspettar risposta in uno dei posti rimasti liberi al tavolo. Il giovane avvenente rimase in piedi alle sue spalle.

«Di certo avrete sentito parlare di me», esordì il nuovo venuto. La sua voce era come il suo aspetto: morbida, affettata, pareva quasi un belato.

Notando le facce perplesse attorno a sé ridacchiò, inarcò le sopracciglia accuratamente disegnate e commentò: «Strano: non c'è avventuriero in tutta Specularum che non sappia chi sono e che vedendomi non speri che stia cercando proprio lui per offrirgli un ingaggio». Scrollò vezzosamente le spalle ed aggiunse: «Comunque sia, io sono il Conte Bryosk: sono un valente musico e poeta ed un raffinato esteta e mecenate, ma, ahimé, purtroppo sono assai più noto in città per essere colui che a corte si occupa di certe faccende… uhm… delicate. Chiedete pure notizie su di me a chiunque goda della vostra fiducia, se non ritenete di credere alle mie parole. In ogni caso, io invece so di voi: mi siete stati raccomandati dall'ottimo Arawan…». Si guardò intorno ed ammiccò: «Oh, sì, vedo che il nome non vi giunge nuovo… e, per l'appunto, sono qui per proporre qualcosa che credo potrà destare il vostro interesse».

Il Conte Bryosk si concesse una pausa drammaticamente d'effetto, poi, levando morbidamente una mano, fece un cenno al ragazzo alle sue spalle. «Arkoby, da bravo, vammi a prendere una coppa di idromele».

«Temo proprio che in un posto così di idromele non ne abbiano, padrone…», rispose la vocetta leziosa del giovane.

La mano sollevata di Bryosk si agitò con irritazione. «Allora del tè alla frutta, del sidro, qualunque cosa, ma non quella disgustosa urina schiumosa che i nostri amici qui stanno bevendo. Va', va', su!».

«Come desiderate, padrone: niente birra, allora!».

Detto questo, il ragazzo trottò via e Bryosk tornò a rivolgere la propria attenzione su di voi.

«Torniamo a noi…», riprese. «Come dicevo, un nostro comune amico mi ha fatto sapere che voi ultimamente siete stati protagonisti di una mirabile impresa. Non è così?».

Attese giusto un istante, poi parve dare per scontata la conferma e proseguì: «C'è una situazione di profondo disagio in una località nelle montagne al nord, nei pressi dei confini di Karameikos: un certo Raxxla, un personaggio sul quale purtroppo i nostri informatori finora non sono stati capaci di scoprire alcunché, per imprecisati motivi ha preso possesso di una antica fortezza nella quale pare si stia dedicando a mettere insieme un vero e proprio esercito: il grosso della truppa pare che sia costituito dalla solita feccia, avventurieri di mezza tacca, briganti, coboldi, orchi e chi più ne ha, più ne metta, mentre i ranghi di comando sono… indovinate un po'?… diavoli! O almeno così si dice… Naturalmente le nostre autorità non se ne sono state a guardare ed hanno mandato là un contingente del nostro esercito». Bryosk si concesse un risolino ironico. «Non è che tutti quei soldatacci non servano a nulla, d'accordo, ma non possono certo essere loro a risolvere il problema alla radice: tutto quello che possono fare è arginare l'invasione. Quanto alla causa, invece… bah!», concluse con un altro risolino sprezzante accompagnato da un gesto altrettanto sprezzante della mano.

«Il problema è che non abbiamo idea di chi ci possa essere dietro a questo Raxxla: certo, non si può escludere che si tratti di un'iniziativa personale, ma nemmeno possiamo esserne del tutto certi. Potrebbe anche essere l'emissario di qualche potenza in vena di espansionismi: non è che ne manchino, attorno al Granducato. Pertanto siamo costretti ad andare con i piedi di piombo onde evitare il rischio di scatenare un conflitto che al momento non possiamo permetterci. Quindi la soluzione più opportuna rimane la morte silenziosa del responsabile di questa faccenda: morto lui, le nostre truppe potranno fare polpette della sua marmaglia senza che qualcuno possa aver alcunché da obiettare. Quello che ci vuole quindi è un affidabile gruppo di valorosi… gente come voi, ovviamente… che dopo essersi intrufolata nel cuore della fortezza sappia dare il fatto suo a quel Raxxla».

Intuendo la domanda che di certo frullava nelle teste dei sei avventurieri, aggiunse: «Il vostro tornaconto, eh? Ma è ovvio: gloria in abbondanza!». Li fissò in volto uno ad uno con aria furbesca, poi si concesse una misurata risatina: «Va bé, ci ho provato… Diciamo che celiavo, ecco… No, è ovvio che di pubblica gloria non ne avrete nemmeno un'oncia: quello che potrete avere sarà una sostanziosa ricompensa che vi sarà consegnata a corte durante un'udienza assolutamente privata. In più, potrete tenervi qualunque cosa troverete all'interno di quella fortezza: tecnicamente sarebbe tutto di proprietà di Karameikos, in quanto committente, ma in via eccezionale si è ritenuto di… diciamo… incoraggiarvi in questo modo: non dubito che ciò che troverete sarà più che sufficiente per fare la felicità di ben più di sei soli avventurieri».

«Bene, ora vi lascio alle vostre riflessioni», aggiunse infine in tono conclusivo. «Vi attendo entro domani con la vostra risposta. Non a palazzo, però: meglio alla mia umile dimora». Così dicendo si alzò, ponendo con gesto teatrale sul tavolo una piccola ed elegante pergamena sulla quale con svolazzante grafia c'era scritto in grande "Conte Bryosk di Iserath" e, più in piccolo, un indirizzo nella zona più elegante della città.

Fatto questo si volse per andarsene, quasi scontrandosi con Arkoby che nel frattempo stava giungendo con un vassoio d'argento sul quale era posata una coppa di sidro.

«Troppo tardi, ciccino! Troppo tardi!», sbottò il Conte in tono irritato.

«Ce n'è voluto per far tirare fuori dall'oste questo sidro, padrone…», piagnucolò il ragazzo. «Nemmeno sapeva più di averne una botticella! Qua bevono tutti birra…».

«Pazienza… pazienza… vorrà dire che se lo godranno questi gentiluomini», concluse Bryosk con un gesto svolazzante della mano nella vostra direzione; detto questo, veleggiò ancheggiando verso l'uscita tallonato dal suo scaldaculo.

[parte relativa ad Indevar, Sabrar Faern e Scarlett]

Il discorso del Conte Bryosk non era sfuggito nemmeno ad altri tre avventurieri, che per puro caso in quella particolare sera avessero trovato posto proprio al tavolo adiacente a quello del gruppo che il potente uomo di corte aveva voluto incontrare. I tre, Indevar, Sabrar e Scarlett, non costituivano una squadra: si conoscevano e basta, cosa peraltro comune fra i frequentatori abituali della taverna di Trinkwein.

A differenza dei sei forestieri al tavolo accanto, Scarlett e gli altri due sapevano benissimo chi fosse il Conte: lo conoscevano di vista e nel recente passato avevano anche avuto occasione di sbrigare per lui qualche lavoretto di minor conto. Sapevano anche che, malgrado la sua apparente superficialità, era persona da non sottovalutare, nel bene come nel male, e che era la persona di riferimento a Karameikos per quanto riguardava la gestione delle missioni più delicate.

Per questo motivo ciò che era appena accaduto al tavolo accanto aveva stuzzicato il loro vivo interesse: se Bryosk si era scomodato ad andare a cercare personalmente quel particolare gruppo significava che, primo, non si trattava di un gruppo qualsiasi, secondo, che la missione sarebbe stata altrettanto particolare. Il che, in parole povere, significava anche altre due cose: parecchi guai, ma anche parecchi soldi.


[NdG]

Come prima cosa vi invito a mettere nel vostro primo post le descrizioni dei vostri personaggi: servono a tutti per rinfrescare la memoria, servono ovviamente al nuovo arrivato e servono anche a Simone, il nostro "storico"...

Vi invito anche ad evitare di fare il reply di una mail precedente per postare la vostra reazione: meglio una mail nuova, con il subject che, a beneficio di Gianfranco ma a buona memoria di tutti, ha la forma:
<data di gioco> giocatore/personaggio <data reale> <numero del post nella giornata reale> - <eventuale commento>

E... detto questo... a voi!

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