Brom stava già per lanciarsi nell'ennesima replica alle considerazioni
di Aryn quando si rese conto che quest'ultimo era realmente determinato a
tornare a Specularum per perorare la sua causa: quel pezzo d'idiota...
nemmeno si rendeva conto che, non appena chiarito che era stato proprio
lui il primo a trovare quella maledetta biblioteca si sarebbe ritrovato
ad occupare la cella che aveva appena lasciato libera proprio colui che
intendeva difendere. Ancora una volta era il solito vecchio problema con
quei puri di spirito: confondere la doverosa obbedienza con la più
cieca stupidità. Non che Aryn fosse l'unico così fra i paladini di grado
operativo, tutt'altro: era nelle gerarchie superiori che si annidava la
corruzione, ma quelli alla base erano più che puliti; poi,
naturalmente, c'erano i ranghi intermedi come Brom stesso, che vedevano
sia la purezza di sotto che il marcio di sopra e che potevano solo
bollire di rabbia impotente.
Pur immaginando che fosse fatica sprecata, Brom non esitò a dar di sprone a Faran ed ad avviarsi all'inseguimento del più giovane collega, cercando di recuperare terreno ed allo stesso tempo implorandolo di fermarsi: «No! Fratello Aryn, ti scongiuro, non farlo! Lo so che lo senti come un dovere, ma è un suicidio! Torna indietro! Piuttosto torno io a Specularum a consegnarmi, ma a condizione che abbandoni l'idea di aiutarmi e riprendi la via per Mayraberd. Sarà Halav ad aiutarmi, ma tu torna a ciò che sai fare meglio: combattere il male con la spada in pugno, faccia a faccia. Lascia a me di sguazzare nello schifo della politica!».
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