sabato 19 novembre 2016

DUNGEON MASTER - 18/08 - LISTA 03

Issus uscì dalla porta nascosta, la stessa dalla quale era passata Scarlett appena un'ora prima, si guardò intorno e poi uscì nel piccolo giardino pubblico che occultava la porta stessa dagli eventuali passanti nella strada. Si guardò intorno: bene, nessuno in vista. Poi lo sguardo gli cadde su un particolare e si irrigidì: come poteva essere stato messo fuori il contrassegno segreto "ti debbo parlare" se nessuno doveva essere al corrente della sua fuga dal monastero? O non ancora al corrente, per lo meno...

Comunque fosse, il ciccione a quanto pareva era giunto a scoprirlo e lo attendeva nel solito posto. Sarebbe stato un ottimo sistema per collaudare il suo nuovo travestimento: ossia sé stesso, così com'era, ma rapato quasi a zero e sbarbato. Controllò di avere con sé tutto il suo solito assortimento di armi e di amuleti e si avviò con l'abituale cautela verso il luogo di appuntamento.


Andò tutto bene: gli capitò perfino di incrociare una persona conosciuta che però non gli concesse più che un'occhiata distratta. Arrivò a destinazione, scese i pochi gradini che conducevano nel sottoscala della casa e bussò secondo uno schema convenzionale ad una porta del tutto anonima.

Gli aprì un uomo poco più alto di lui, grasso e dalla faccia lasciva sulla quale il dettaglio che più attirava l'attenzione era l'ampia bocca dalle labbra gonfie e carnose. Issus scivolò all'interno eludendo agilmente il goffo tentativo dell'uomo di abbracciarlo.

«È così che saluti un vecchio amico?», si lamentò il grassone.

«È così che saluto *te*», ribatté pronto Issus. «D'altronde, io non sono una di quelle ragazzine che ti piacciono tanto, quindi tieni pure al posto loro le tue manacce e la tua boccaccia. Ma parliamo di affari: volevi vedermi, o il segnale si è messo lì da solo?».

«Volevo vederti», confermò il grassone andando a sprofondarsi in un'enorme poltrona, «per un lavoretto interessante che pare fatto apposta per te. Sai, sono contento che sei tornato in campo: Karameikos non era più la stessa, da un po' di tempo. Ma dove ti eri cacciato?».

«Fatti miei», replicò asciutto Issus. Un istante dopo il grassone si ritrovò il sicario addosso e la punta minacciosa di un pugnale contro la gola. «Adesso dimmi come hai fatto a scoprire che ero tornato, grasso figlio di puttana, e vedi di essere convincente».

«Le voci corrono...», gorgogliò affannosamente il ciccione con gli occhi fuori dalla testa: conosceva troppo bene Issus per farsi illusioni sul fatto di non essere nei guai.

«Stronzate! Provane un'altra», intimò Issus mentre la punta del coltello cominciava a premere di più sulla gola dell'uomo seduto.

«No, davvero... Sarai stato visto...».

«Altre stronzate! Io, se voglio non essere visto, non vengo visto: lo sai benissimo... e da che sono tornato non ho ancora cominciato ad aver voglia di farmi vedere. Allora?». Una grossa goccia di sangue si formò sotto la punta del pugnale.

Il grassone strillò: «Ehi! Non puoi ammazzarmi! Tu hai bisogno di me!».

«Non più, palla di sugna», ribatté Issus in tono terribilmente definitivo. «Allora?».

L'altro deglutì rumorosamente a vuoto e poi crollò: «Va bene, te lo dico, ma tu togli quell'accidente dalla mia gola».

«Dopo!».

L'uomo grasso roteò disperatamente gli occhi e poi fece un nome.

«E così uno dei guardiani di casa mia è sul tuo libro paga, eh? Che colossale sbaglio, quell'idiota...». Issus tirò indietro il pugnale e si rialzò in piedi rimanendo davanti alla poltrona. «Va bene, per ora voglio crederti: posso sempre sgozzarti dopo, nel caso. Ma adesso parlami di quel lavoro: non credo proprio che mi interessi, ora come ora, ma sono curioso...».

«Oh, io dico che ti interesserà», fece il grassone, rinfrancato. «Diecimila pezzi: un terzo subito, il resto a lavoro finito».

Issus lasciò andare un fischio sommesso. «Bella somma!», commentò. «Ma chi sarebbe la vittima, per un compenso del genere? Il Granduca in persona?».

«Nah! Vuoi scherzare? Si tratta di un tizio di poco conto, ma da quel che mi è dato di capire, ha visto una cosa che non doveva vedere».

«Cioè mi stai dicendo che uno sfigato che ha visto per caso un cazzo di delitto per strada deve essere messo a tacere per diecimila pezzi d'oro? Questa non me la bevo proprio...».

«Niente del genere! Non so cosa abbia visto il tizio, ma deve essere una cosa grossa. Lui, poi, non è uno sfigato qualunque: figurati, è uno di quei fanatici di Halav, nientemeno! Si vede che in mezzo a tutta quella santità si annida anche un po' di marcio...».

«...così parrebbe...».

«Comunque sia, pare che questo tizio l'avessero anche beccato e sbattuto in una cella, ma che poi in qualche modo fosse riuscito a squagliarsela... non chiedermi come... ed a quanto pare lo rivogliono indietro, lui e il suo segreto, ma coi piedi in avanti. Allora, ti interessa?».

«Come ti ho già detto: no!», replicò senza esitazione Issus. «Il fatto è che ho deciso di cambiar mestiere».

«Sèh! Ti ci vedo proprio...», ribatté ironico il grassone. «Tu, il miglior sicario di tutta Karameikos, vorresti cambiar vita? E cosa andresti a fare? Il salumaio? Il mezzano? O magari il monaco, per espiare le tue colpe? Non farmi ridere: non si esce dalla vita che ti sei scelto. Non da vivi, almeno».

«Questo si vedrà. Quello che è certo è che ne ho abbastanza di sgozzare per soldi gente che non mi ha fatto niente e che nemmeno conosco».

«Sei un coglione! E... presto... sarai un coglione morto».

«Anche questo si vedrà». Issus fece un vago cenno di saluto e si voltò per andarsene.

«Non ti interessa neanche sapere a chi affiderò questo incarico?», gli buttò dietro l'uomo grasso.

«Non occorre. Già lo so: ad Artemis, a chi altro sennò?», ribatté Issus con la mano già sulla maniglia della porta. «Se pensi di farmi incazzare perché ci ripensi, sei fuori strada: ho ottimi motivi per uscire dal tuo piccolo, laido mondo. Mi dispiace solo che non sarò là a vedere quel pazzo furioso di Artemis quando tenterà di accoltellare un uomo rivestito di ferro fin dentro al culo». Aprì la porta. «Ciao! Statti bene...».

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Un'oretta dopo il tramonto uno sciacquìo sommesso annunciò che il fiume aveva appena accolto dentro di sé l'ennesima vittima.

L'uomo sulla riva scosse la testa, addolorato. «Pezzo d'idiota», mormorò come se il morto potesse ancora sentirlo. «Ti pagavo ogni giorno più del doppio di quanto avresti messo insieme sulla strada e tu ti sei messo a tradirmi così?». Sospirò. «Spero almeno che questo per me sia l'ultimo...».

L'omicida si allontanò, sentendosi un gran peso in fondo al cuore. Poi, poco a poco, una visione in rosso gli riempì la mente. Fece un sorriso un po' triste, poi mormorò: «Sarò mai degno di lei? Certo non oggi, ma... una notte... una sola notte ancora e sarò via da questo schifo... e poi... si vedrà...».

Rinfrancato, allungò il passo e scomparve nell'oscurità della sera.

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