Come previsto, il giovane spadaccino lo seguì fuori dalla locanda.
Mentre si preparava, Issus di sottecchi teneva d'occhio e valutava
l'avversario: un po' più alto, un po' più pesante, di certo abile ma...
senza dubbio, tutto quello sventolare di spada e pugnale per mettere in
mostra la propria destrezza era un tentativo di impressionare
l'avversario... il che implicava un sottofondo di insicurezza.
D'altronde era più giovane e quindi necessariamente meno esperto... e
chiaramente lui stesso se ne rendeva conto.
Issus sapeva bene di non essere al culmine della forma - tutto quel
tempo trascorso nelle mani di quei più o meno misericordiosi monaci non
poteva non aver lasciato il segno e lui ne era pienamente conscio - ma
ugualmente confidava di potersela cavare. E poi, il suo obiettivo non
era far colpo sulle donzelle presenti: era capire se quello che aveva
davanti era davvero uno spadaccino oppure un dannato mutaforma e, nel
primo caso, capire se avrebbe potuto essere un valido compagno nella
loro missione; una eventuale sconfitta non gli avrebbe nuociuto
affatto... se non nell'amor proprio.
Una volta che entrambi furono pronti Issus si fece avanti, si soffermò
brevemente per portare la spada alla fronte in un doveroso saluto e poi
prese posizione, imitato pressoché simultaneamente dal rivale. Bella
posa, fluida e disinvolta: chissà chi era stato il suo maestro? Scelse
di giocare di rimessa: come previsto, la scelta dell'altro fu
esattamente opposta e lo dimostrò con una prima finta d'attacco. Facile
parata, poi contrattacco e parata di risposta dell'avversario: ben
fatta, discretamente veloce ma appena sufficiente ad evitare la
minaccia. Issus a quel punto si era già fatto un'idea di chi avesse
davanti: uno bravo, discretamente veloce, certamente coraggioso, nel
complesso promettente, ma un poco acerbo. L'esperienza gli diceva che
l'esito dello scontro sarebbe stato molto probabilmente a suo favore,
sempre che non avesse commesso errori e purché non avesse lasciato che
durasse troppo a lungo: il suo scarso allenamento era pur sempre
un'incognita da non sottovalutare. L'unica vera superiorità di quel Jean
Tanner era l'allungo, per cui doveva assolutamente accorciare la
distanza.
C'era una staccionata ad alcuni passi di distanza alle spalle del suo
avversario: Issus decise che avrebbe fatto bene a costringerlo in difesa
proprio contro di essa. Il più presto possibile, anche, visto che il
sudore già troppo copioso ed un leggero affanno gli stavano dando
segnali negativi sul suo stato di forma: si lanciò in una calcolata
serie di attacchi consecutivi, attento a spingere indietro il rivale
senza tuttavia rischiare seri danni per nessuno dei due.
Giunto presso la staccionata, inaspettatamente Jean alzò la spada in un
movimento assurdo, del tutto non in linea con il suo precedente modo di
combattere: dagli eleganti arabeschi di prima ad un grossolano fendente
da rissaiolo da taverna... non era proprio possibile! Cosa aveva in
mente di fare? C'era un'unica spiegazione: aveva capito di aver già
dimostrato abbastanza di sé stesso e gli stava offrendo una rapida
conclusione della prova.
Se non altro, ci voleva un certo coraggio ed anche fiducia nella lealtà
dell'avversario: notevole! Un punto a favore del giovane spadaccino.
Issus annuì con approvazione e penetrò con la prevista facilità nella
difesa dell'altro: tutto stava ora nel fare il minimo danno possibile,
ma lui sapeva di essere un maestro nei tagli chirurgici. Tenendo pronta
la spada in posizione di difesa - non si poteva mai sapere! - affondò
con il pugnale fino a portarlo sul fianco dell'avversario e lasciare su
di esso una sottilissima linea di sangue...
Jean Tanner si passò la mano sul taglio per sporcarla di sangue e
mostrarla ad Issus: questi nuovamente portò la spada alla fronte in
segno di saluto, poi la lasciò cadere a terra insieme al pugnale e si
fece avanti per stringere la mano insanguinata dell'avversario.
«Ben combattuto!», commentò. «Mi complimento: per quanto mi riguarda sei
dei nostri, se vuoi. Tuttavia, ovviamente, dipende anche dagli altri.
In ogni caso, ora che lo scontro è finito vorrei offrirti una birra:
avversari in un duello non vuol necessariamente dire nemici. Tutt'altro!
Inoltre, so di doverti delle spiegazioni e non conosco modo migliore
per farlo che con un gotto di birra in mano: ci stai?».
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